Avis Friuli Venezia Giulia

Donazione a chiamata, si può. Anzi, si deve. Anche per l’Avis Friuli Venezia Giulia è venuto il momento di “emanciparsi” e attuare questa forma di crescita culturale e sociale che fonda i propri presupposti su: “Dono quando devo” e non “Dono quando voglio”. L’obiettivo deve essere soltanto il bene del malato, e attraverso questa organizzazione della donazione si raggiunge lo scopo senza dimenticare i notevoli risparmi per il sistema sanitario regionale e nazionale.

Questi sono stati i presupposti della consulta dei presidenti organizzata il 5 settembre ad Azzano Decimo alla quale hanno partecipato il presidente nazionale Avis Vincenzo Saturni, il suo predecessore Andrea Tieghi (presidente Avis Emilia Romagna) e il presidente provinciale dell’Avis di Rovigo Massimo Varliero, che ha portato l’esperienza della sua realtà che organizza la donazione a chiamata da sessant’anni.

L’intenzione dell’Avis regionale di partire con la donazione a chiamata c’è già, tant’è che alcuni volontari hanno “testato” le esperienze di Belluno e Chioggia, portandole all’assemblea. La presidente ha anche sollecitato le Avis a proporre alcuni nomi per costituire un gruppo di lavoro che si occupi del raggiungimento di questo obiettivo: 3 dalla provincia di Pordenone, 2 da Udine e 1 da Trieste.

“Il risultato sarà raggiunto soltanto se ci sarà unità d’intenti e spirito collaborativo tra tutti noi”, è l’appello lanciato dalla presidente Lisa Pivetta.

Il sostegno a tale organizzazione delle donazioni è pervenuto anche dal presidente nazionale Saturni, che ha portato l’esperienza di Varese, e dall’ex  Tieghi. “Essere volontari Avis – è il pensiero espresso da Saturni – vuol dire compiere un gesto a favore dell’ammalato, non per noi stessi. E noi dobbiamo dare il sangue che serve all’ammalato. I donatori, questo, lo capiscono. Sono spesso i presidenti Avis i più reticenti”.

L’Avis regionale è pronta, ma si può dire altrettanto delle istituzioni? Forza, insieme si può: camminiamo tutti nella stessa direzione.