Il ruolo dei donatori per combattere la leucemia

L'intervista del presidente dell'AIL Pino Toro

28/6/2022

In occasione del 21 giugno, Giornata nazionale per la lotta contro leucemie, linfomi e mieloma, l'intervista al presidente di AIL, Pino Toro: «Se l’aspettativa di vita si è allungata è grazie ai progressi compiuti dalla ricerca che può contare sulla solidarietà di chi dona sangue e plasma».

Un legame stretto quello che c’è tra l’associazione e AVIS Nazionale, sancito due anni fa dalla firma di un protocollo d’intesa: un rapporto indissolubile grazie al quale chi studia per individuare nuove terapie e speranze di cura per i pazienti leucemici può farlo grazie a chi quel sangue lo dona, i donatori appunto: «Da oltre 50 anni svolgiamo un’attività fondamentale per la salute di tante persone e se oggi l’aspettativa di vita si è allungata è proprio grazie ai progressi che la ricerca ha compiuto – spiega Pino Toro, dallo scorso marzo presidente nazionale di AIL – e alla promozione che facciamo sul territorio attraverso iniziative nei reparti di ematologia e borse di studio». L’obiettivo è il solito: sviluppare nuove strategie che consentano di aumentare ulteriormente la percentuale di guarigione. Oggi il 70% di coloro che ricevono una diagnosi di leucemia riesce a guarire e un ruolo decisivo, in un risultato come questo, lo giocano proprio i donatori: «Sapere che per i nostri studi possiamo contare sulle scorte di emocomponenti è strategico. Le nostre associazioni si muovono parallelamente e noi non potremmo fornire risposte adeguate e sempre più efficaci se non avessimo le sacche di sangue e plasma». Anche perché sono in tanti a vivere grazie a tutto questo, dai talassemici agli emofilici, passando per chi soffre di immunodeficienze o ha bisogno di trasfusioni in attesa del trapianto di midollo.

Quello da cui stiamo uscendo è stato un periodo complicato che oltre al settore trasfusionale ha colpito anche altre specialità cliniche: «Il Covid ha sconvolto ogni tipo di attività – ha ricordato il presidente – molti ospedali sono stati convertiti per curare chi aveva contratto il virus, ma grazie all’impegno delle associazioni nessun paziente è rimasto da solo o senza terapia. Giovani e meno giovani sono stati seguiti e curati da volontari e psicologi, sia in presenza che da remoto». E anche qui una nota di merito per AVIS: «È vero che qualche perdita in termini di raccolta si è registrata, ma è altrettanto vero che l’Italia ha retto molto meglio di altri Paese, il che la dice lunga sulla maturità e sul senso civico della nostra società. Qui abbiamo una consapevolezza maggiore dei bisogni non solo dei pazienti, ma anche dell’intero mondo della ricerca, motivo per cui è necessario garantire scorte sufficienti di emocomponenti».

Su cosa aspettarsi dal futuro, Toro è molto chiaro: «Noi possiamo fare e continueremo a fare campagne di promozione e sensibilizzazione, ma le istituzioni devono agire concretamente per una migliore organizzazione dei centri trasfusionali che passi, in primis, dall’incremento del personale sanitario. Investire in questo ambito è indispensabile – conclude – a cominciare dalla formazione di infermieri specializzati. La cultura della donazione va insegnata e tutti dobbiamo fare la nostra parte affinché si diffonda il più possibile: questo gesto non può dipendere solo dalla generosità di un singolo».

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